Poche sono le razze ad essere state circondate da un alone di leggenda come quello che ha accompagnato il Mastino Tibetano attraverso i secoli, dalla celebre citazione di Aristotele (che parlava dei feroci cani
orientali come frutto dell’unione di cani e tigri), passando per le cronache di viaggiatori come Marco Polo (che nella sua opera il Milione li descrive come grandi come un asino), fino agli esploratori inglesi
dell’800, che ne portarono alcuni esemplari in Europa (dove finirono esposti come belve allo zoo di Londra).
Nella letteratura cinofila lo troviamo spesso citato come progenitore di tutti i Molossoidi, o perlomeno dei
Cani da montagna, teoria derivante probabilmente proprio dalle numerose citazioni di autori antichi, oltre
che da alcune caratteristiche primordiali della razza, come ad esempio l’unico ciclo riproduttivo annuale
delle femmine (caratteristica propria del progenitore selvatico, il lupo).
In realtà, si dovrebbe forse parlare di un cane che ha conservato (grazie all’isolamento geografico degli
altopiani del Tibet) alcune caratteristiche tipiche del Molosso originale, che sarebbe piuttosto da ricercare
nell’Asia minore, tra la Turchia e l’Armenia, dove la nascente pastorizia aveva evidenziato la necessità di
selezionare un grosso cane difensore del gregge.
Da lì, i pastori-custodi si sono diffusi (assieme agli armenti che erano chiamati a difendere) in tutte le
direzioni, incrociandosi con altri cani, adattandosi alle caratteristiche geografiche, climatiche e culturali, e
dando così origine ad una moltitudine di razze, i cosiddetti “cani da montagna”, dal Pastore del Caucaso
al Mastino Spagnolo, senza dimenticare il nostro Mastino Abruzzese.
Con la diffusione verso Oriente, si sono originati numerosi ceppi locali, tra il Nepal ed il Bhutan, tra le
pendici indiane dell’Himalaya e le steppe mongoliche. Cani accomunati da una certa tipologia caratteriale
(forte, dominante,territoriale e protettiva verso la famiglia umana), ma con varianti morfologiche dovute
alle diversità climatiche e del territorio.
La relativamente recente (i primi tentativi risalgono agli anni 20/30 per opera di inglesi, mentre un nuovo
impulso si ebbe negli anni 70 da parte di allevatori olandesi) selezione europea che ha portato al riconoscimento ufficiale della razza Tibetan Mastiff ha avuto il torto di mescolare indiscriminatamente tutte le tipologie disponibili, partendo soprattutto da cani nepalesi ed indiani, i più facili da reperire.
Ciononostante, verso la fine degli anni ’90, alcuni allevatori (soprattutto francesi) hanno ottenuto con una lunga e attenta selezione, soggetti notevoli per taglia e tipo.
Negli ultimi anni si sta facendo un ulteriore passo avanti, grazie all’importazione di importanti soggetti da paesi certamente più vicini alle terre d’origine della razza: Taiwan e, soprattutto, Cina, dove l’interesse recentemente risvegliato attorno alla razza, e la possibilità di accedere ai territori tibetani hanno favorito un grosso lavoro di allevamento e selezione per il recupero del Molosso pesante, che aveva subito drammatiche decimazioni in seguito agli stravolgimenti sociali seguiti all’invasione del Tibet e alla successiva “rivoluzione culturale” in quella terra.
Le recentissime (grazie alla relativa apertura dei confini tibetani da parte della Cina) testimonianze documentaristiche dal “paese delle nevi”, riportano una realtà variegata, la presenza contemporanea di soggetti morfologicamente disomogenei, che vanno da una tipologia leggera, quasi da pastore-conduttore, fino ad esempi di mastino pesante.
Vanno però considerati almeno due punti fondamentali:
· la vastità del territorio tibetano, dalle vallate himalayane della zona di Lhasa, fino agli altopiani dell’Amdo
· il tipo di cultura rurale, che ha privilegiato la selezione (comunque approssimativa) basata sulle attitudini alla guardia, anziché su un ideale morfologico.
Il termine Do-khyi, traducibile come “cane legato” o “cane da legare” (la traduzione “cane-porta”, diffusa in occidente sino a pochi anni fa, non ha trovato conferma in alcuna fonte tibetana) indica il cane da guardia -ma occorre precisare che i tibetani chiamerebbero Do-khyi anche un Pastore Tedesco adibito alla guardia della casa-.
Senza voler scendere eccessivamente nel dettaglio delle varietà regionali, dobbiamo distinguere almeno due tipologie principali:
-il tipo “dei pastori”, un cane più leggero, dotato di maggiore mobilità, con tratti molossoidi meno marcati, allevato per la custodia di tende e greggi.
-il tipo “da monastero”, più pesante, dai tratti più molossoidi, allevato in passato principalmente per la
guardia ai monasteri e ai palazzi dei nobili, dove oltretutto potevano essere nutriti in modo più sostanzioso, favorendo lo sviluppo del loro potenziale genetico di statura e massa corporea. A questo tipo in particolare si crede facessero riferimento le testimonianze storiche più impressionanti. Storicamente, sembra fossero molto apprezzati cani di questo tipo diffusi nella provincia meridionale del Tibet (Ü-Tsang), denominati Tsang-khyi (appunto, cani di Tsang), termine recentemente entrato in uso tra gli appassionati occidentali per definire il “tipo pesante”, sebbene questo non sia corretto dal punto di vista filologico.
-una nota a parte merita il misterioso Apso Do Khyi, il mastino tibetano a pelo duro (o pelo caprino),
relativamente diffuso nella zona sud-orientale del Tibet, alle falde del monte Kailash. Secondo alcuni
studiosi, si tratterebbe di un incrocio tra il Do khyi ed il Tibetan Terrier.
Utilizzo
Il lavoro “normale” del Do-khyi non è, contrariamente a quanto si crederebbe, la difesa del gregge (il
compito del mastino abruzzese, per intenderci), ma la custodia degli accampamenti e dei villaggi. Durante
il giorno, si trova solitamente legato ad una pesante catena fuori dalle tende dei nomadi, o nei cortili delle
case, per essere poi liberato durante la notte (ne sanno qualcosa gli incauti viaggiatori che si aggirano
dopo il tramonto…), solitamente accudito da donne e bambini, poiché gli uomini devono badare alle
mandrie che si aggirano sugli altipiani, o si dedicano al commercio, assentandosi per lunghi periodi.
Nel mondo occidentale, il Mastino Tibetano (almeno quelle linee di allevamento che hanno saputo conservare i tratti fondamentali della razza,senza cedere a facili compromessi a scopo commerciale) è
l’ideale custode della casa , sicuro ed affidabile con tutti i membri (umani e non) della “famiglia” di cui si sente responsabile. Certo, per fare questo deve mantenere una certa fierezza ed indipendenza, il che lo può
fare apparire apatico e distaccato agli occhi del profano, ma per chi lo sa apprezzare questo fa parte integrante del suo fascino! L’educazione di base del Mastino Tibetano non è difficile; si tratta di un cane che convive facilmente con tutti i componenti del nucleo famigliare, e con gli altri animali, a condizione che vengano comprese e rispettate alcune sue caratteristiche fondamentali: ad esempio è fondamentale
tenere presente che si tratta di un guardiano, e non si può dunque pretendere che accolga festosamente gli estranei; può essere difficile (talvolta impossibile) la convivenza con altri cani dello stesso sesso.
Descrizione
Il soggetto ideale è imponente, dotato di folta criniera, coda portata arrotolata (non troppo strettamente)
sulla schiena, testa leonina, muso relativamente corto e largo, canna nasale diritta, occhi scuri e sguardo
severo. Ossatura forte, muscolatura particolarmente sviluppata nella parte anteriore. La coda è di
lunghezza media che non supera la punta del garretto. Attaccata alta, a livello della linea del dorso. Si
arrotola di fianco, sul dorso. Deve essere dotata di pelo abbondante. Il colore di mantello più diffuso è il
nero focato, ma tipicissimi sono anche il nero assoluto (spesso con una macchia bianca sul petto), il rosso
in varie tonalità; il colore “blu” sebbene ammesso dallo standard, non trova riscontro secondo la
documentazione di cui disponiamo, nella regione storica tibetana, mentre risulta diffuso nella zona
himalayana-nepalese. Il pelo può essere di lunghezza variabile da medio-lungo a lungo, fine ma duro, mai
setoso. Nella stagione fredda, presenza di un sotto pelo spesso e lanoso che diventa piuttosto rado nei
mesi estivi. Collo e spalle sono dotate di pelo abbondante che ha l’aspetto di una criniera. Gli arti
posteriori portano frange abbondante nella parte posteriore delle cosce.
Caratteristiche
La folta pelliccia li protegge da tutte le intemperie. Richiedono una toelettatura minima (basta qualche
spazzolata nella stagione di muta) e possono naturalmente vivere tutto l’anno all’aperto. Si tratta di cani
robusti, rustici e frugali, con un lento metabolismo ed una crescita che si protrae nei maschi anche fino ai
4/5 anni per lo sviluppo completo. Sono molto longevi per cani della loro taglia (14-15 anni non sono
insoliti). Sono per lo più (specialmente la notte) dei grandi “abbaiatori” -la loro voce veniva paragonata a
quella di un pesante gong cerimoniale!- Per questo può essere consigliabile (a meno di non vivere in una
zona molto isolata) che trascorrano la notte in casa. In casa sono discreti, passano gran parte del loro
tempo a sonnecchiare, sempre pronti comunque ad attivarsi al primo rumore sospetto. Quello di cui hanno
maggiormente bisogno, nonostante l’apparente indipendenza, è il contatto con gli altri membri della
famiglia.

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