Sono state fatte numerose considerazioni sul Mastino Tibetano in merito alle sue dimensioni e al colore
del suo mantello poiché questi due elementi compaiono in modo molto diverso all’interno delle diverse
tipologie esistenti di mastino. Proveremo quindi a concentrarci su questi due aspetti e cioè le dimensioni e
il colore.
Per affrontare questo argomento così spinoso, occorre accettare il fatto che il mastino tibetano è la
perfetta fusione fra un mastino ed un cane di montagna. Esso è un perfetto mastino ma anche un perfetto
cane di montagna; le caratteristiche di entrambi si uniscono in lui senza pregiudicarne le qualità, anzi,
talvolta, esso presenta i lati estremi di tutti e due. Ci si pone allora questa domanda: “E’ un mastino che
agisce come un cane di montagna o è un cane di montagna con le dimensioni di un mastino?”
Il mastino tibetano è un cane di forte impatto visivo per le sue enormi dimensioni corporee (sono stati
segnalati esemplari da 91-96cm. di possente struttura ossea) e per le sue caratteristiche peculiari che
presentano, tra l’altro, un muso con rughe profonde che gli conferiscono il tipico aspetto “imbronciato”.
Questo cane si è evoluto ed adattato per sopravvivere nel clima e nella terra più inospitale che il genere
umano conosca e che viene ricordata come il luogo posto sul “tetto del mondo”. Il mastino tibetano è
quindi il risultato di una lunga, equilibrata, positiva ed efficiente evoluzione dei cani di montagna nel
corpo di un mastino dalle dimensioni talmente grandi da far ricordare il molossoide.
A questo punto è, però, doveroso ricordare l’aspetto culturale legato a questa razza. Questo cane aveva
una sua funzione sociale all’interno dell’accampamento dei pastori nomadi. Questa funzione gli veniva
riconosciuta dal gruppo poichè esso “faceva parte del gruppo” e come tale aveva precisi compiti e godeva
di rispetto. Tutto ciò poco collima con la fredda ideologia occidentale che si preoccupa solo di
identificare, catalogare e regolamentare gli standard di “pura” razza, dimenticando tutti gli altri aspetti
storici e socio-culturali del suo Paese di origine.
In effetti, se si volesse essere fedeli ai valori tibetani nell’attività di conservazione della razza del mastino
tibetano, si dovrebbe rispettarne tutte le varietà anziché cercare a tutti i costi di consolidare uno stereotipo
in un unico razionale cliché. Il rispetto della storia e della cultura del Tibet dovrebbe portare alla tutela ed
al riconoscimento di diverse razze autoctone, alla costruzione di alberi genealogici separati, a programmi
di allevamento specifici per ogni singola tipologia. Si dovrebbe arrivare ad esprimere giudizi
considerando classi aperte di identificazione. Ma purtroppo oggi tutto ciò non accade e lo dimostrano le
confuse, incoerenti e spesso mediocri politiche di allevamento.
Chi alleva mastini tibetani in Cina o in Tibet ne rispetta la varietà di razza, li cresce e li seleziona a
seconda del tipo, del colore e dell’aspetto del pelo. Questi esemplari vengono identificati come mastino
Tiger, montagna Leone, Neve bianca e anche come pastore Kyi Apso .

Foto Storica di Apso Khyi

Raro e stupendo esemplare di Apso khyi,Foto scattata nel Qinghai
In Occidente invece l’AKC e la FCI impongono rigidi standard che si riferiscono più ad un ideale che a
un cane vero; quindi, anziché classificare e riconoscere le diverse tipologie esistenti, tendono a
ufficializzare un’unica razza alle cui caratteristiche devono uniformarsi le altre diverse realtà. E’ come
dire che, anziché osservare la natura ed apprezzarne le meravigliose e infinite diversità, si cerca di
ricondurre la stessa ad un’unica fattispecie le cui caratteristiche vengono decise dall’uomo a tavolino!
In qualità di allevatori e proprietari è nostro preciso compito quello di rimanere fedeli alla natura,
preservando e tutelando la razza così come esiste nel suo ambiente natio rimanendo coerenti con il
pensiero e con la cultura tibetana. Sappiamo tutti che le regole possono e devono cambiare ma le loro
modificazioni non devono essere il risultato di politiche fugaci, insensibili e troppo logiche ma la vittoria
della diversità delle razze dei mastini e dei cani da pastore. Fortunatamente abbiamo a disposizione una
ricchissima documentazione storica in grado di guidarci sulla strada giusta…e allora percorriamola!
Così come non è facile stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina, non è altrettanto facile individuare
un modo per risalire alla vera razza originaria del Tibet. Dal 1950 all’invasione cinese e la successiva
conseguente occupazione del Tibet, sono stati effettuati numerosi interventi ed incroci per conservare,
preservare e salvare la razza dall’estinzione cosicchè oggi non è più così facile risalire alle linee
originarie. Ma la questione non è irrisolvibile perché, smettendo di fare semplici ed inutili polemiche,
sarebbe sufficiente dare ascolto alla storia, quale nostra saggia e naturale insegnante.
Ben noto nell’ambiente, è Robert B. Ekvall storico ed autore di varie pubblicazioni riguardanti il mastino
tibetano. Nel suo diario del 1963 intitolato “ Il ruolo del cane nella cultura nomade del Tibet”, egli apre
una finestra di rara purezza su una terra ed una cultura che fino a quel momento erano rimaste avvolte nel
mistero. I suoi scritti offrono descrizioni dettagliate e specifiche sulle diverse tipologie di cani osservati
specificando ciò che è una razza e ciò che non lo è. Egli scrive che:
“Ci sono due varietà o razze; il vero mastino tibetano, che è piuttosto raro, ed un altro meticcio
altrettanto feroce e quasi altrettanto grande nelle cui vene scorre quasi sicuramente sangue di mastino. I
mastini, generalmente conosciuti come Sang Khyi (cane Sang) o Tsang Khyi (cani di Tsang),
costituiscono ciò che per i Tibetani rappresenta una sorta di genealogia caparbiamente tutelata per
mantenere pura la razza. Il loro possesso rappresenta un po’ uno “status symbol” ed è raro che un
esemplare di questo tipo sia offerto in vendita; nel caso lo fosse, esso avrebbe un prezzo molto elevato,
quasi come quello richiesto per un buon cavallo.Questo genere di mastino ha il muso grosso, “pesante”,
la testa alta sulla fronte e sul cranio, le labbra pendenti, gli occhi arrossati e poderosi quarti anteriori.
La coda è lunga, coperta da morbido pelo leggero e forma un ricciolo sciolto girato all’insù. Il mantello
è di solito nero (questo è il colore considerato per la razza pura), con dei riflessi marroncino chiaro sul
viso, sulle estremità delle zampe e sul collo; di solito compare una macchia bianca sulla gola e sul petto e
un’altra macchia ben definita di colore marroncino su ogni occhio (questo effetto cromatico fa sì che
qualcuno li chiami anche MigbZHi Can che vuol dire “quattro occhi”). Per quanto riguarda le
dimensioni corporee, esse si aggirano intorno ad un peso di 73 chili. Ma la caratteristica che più li
contraddistingue è il loro latrato forte e profondo che ricorda più il suono di un corno suonato nei giorni
di nebbia che la voce di qualunque altro animale.
Invece i cani da guardia meticci, che sono molto più numerosi, appaiono un po’ più piccoli dei mastini
ma risultano altrettanto feroci anche se il loro latrato non intimorisce quanto quello dei veri mastini ed
assomiglia di più ad un abbaiare forte e potente. Anche nella colorazione del mantello essi si
differenziano dai mastini poiché esso può variare dal nero puro al grigio intenso e a volte al bianco. Il
pelo è un po’ più lungo, la testa appare più larga e piatta, il muso è più appuntito e la folta coda viene
portata in un ricciolo riverso sul dorso. La loro funzione sociale è quella di cani da guardia, funzione che
svolgono molto bene essendo sempre attenti, vigili e feroci all’occasione. Nello specifico, ad essi i
Tibetani affidano la protezione delle loro ricchezze contro eventuali attacchi da parte di animali e
uomini.”
Dal resoconto dettagliato di Ekvall, anch’egli proprietario di mastini tibetani, emerge che: “ci sono due
varietà o razze” ed è quello che accade anche oggi. La prima è “pregiata, pura e rara”. E’ difficile
trovarne un esemplare in vendita e quando lo è, per esso viene richiesto un prezzo molto elevato. Il
possesso di uno SangKHyi/TsangKhyi rappresenta uno status symbol. Esso si presenta con un muso
pesante, la testa bombata, le labbra pendenti, gli occhi arrossati, un petto massiccio e una folta coda
arricciata all’insù. Il suo mantello può essere nero/marrone con una macchia bianca sul petto e sul collo;
la corporatura possente può raggiungere i 73 chili di peso ma ciò che stupisce ed intimorisce di più è il
profondo latrato che ricorda il suono di un grosso e spesso gong.”Questa descrizione è coerente con
quanto asserito dagli esperti di oggi e con quanto dichiarato da Luo Go nella pubblicazione della “Rivista
del moderno molosso” (avvenuta nell’inverno 2009/2010) nella quale ci si riferisce al leggendario,
amato e difeso Tsang Khyi. Secondo la classificazione di Ekvall, questo mastino viene descritto come un
“bastardo/meticcio” uguale, per dimensioni e temperamento al Tsang Khyi. Questi cani non hanno il
caratteristico latrato dei mastini ed il loro mantello presenta un pelo più lungo che può assumere diverse
tonalità passando nero al blu/grigio al bianco La testa è più larga e piatta, il muso più appuntito e
raffinato e la coda termina con un piccolo giro all’insù”. Tutto ciò risulta essere in linea con le
descrizioni e le opinioni espresse da altri conoscitori ed estimatori della razza. Leggendo gli scritti di altri
famosi storici ed intenditori, ci si accorge che tutti, chi in un modo chi in un altro, accettano l’idea che ci
sia una dualità di razza.
Gli annali cinesi della dinastia Han (142-87 a.C.) riportano indicazioni di cani “grandi come asini e di
colore rosso” (come scrisse anche Marco Polo nel XIII secolo). Nel 1842 il naturalista Bryan Houghton
Hodgson a proposito di razza, ha scritto che: “ci sono diverse varietà ” e ne ha classificato i colori del
mantello in “nero,nero e marrone o marroncino, bianco”. Egli prosegue osservando che: “ alcuni
esemplari hanno gli speroni sulle zampe posteriori, segno tipico degli animali allo stato domestico (come
fu già rilevato da Charles Darwin nel 1868 nel suo studio intitolato “Animali e piante allo stato
domestico ”).Questo aspetto è stato ripreso da Hodgson in una sua pubblicazione “Mastini tibetani a
quattro o cinque dita” all’interno di una raccolta relativa allo studio sui cani negli ultimi 100 anni e
conservata presso il BritishMuseum nella sezione di Storia Naturale.
Hodgson prende in considerazione due tipologie: “quella di Lhasa è la più bella ed è quasi sempre nera
con zampe di colore marroncino con il quinto dito (c.d. sperone) sia sugli arti anteriori che posteriori. Il
tipo Mustang invece è di dimensioni molto più piccole, si presenta di un colore rosso brillante con occhi
piccoli e non ha gli speroni posteriori.”
Nel 1845 WC. Martin, nel volume settimanale di Knight “La storia del cane” ha scritto: “il mastino
tibetano supera il mastino inglese in termini di dimensioni e ha un’espressione ancora più dura poiché le
guance sono appesantite dalle rughe che corrono dalle sopracciglia verso i lati del viso mentre le grosse
labbra risultano profondamente cascanti. Questi enormi cani sono i cani da guardia dell’Altopiano
dell’Himalaya. Il corpo possente è ricoperto di pelo robusto, di colore nero con sfumature giallo/rosso o
marroncino sulle zampe, sugli occhi e sul muso; la coda è dotata di un pelo folto ed è portata arricciata
sul dorso”
Lo scienziato ed esperto di questa razza canina, il prof. Leopold Fitzinger ha descritto il mastino tibetano
nel 1891 come “Canismolossustibetanus. Questa razza è una pura tipologia del Molosso le cui
caratteristiche sono il risultato di adattamenti selettivi al suo ambiente geografico e climatico. Anche i
più bei esemplari delle varietà di mastino europei, non raggiungono le dimensioni corporee del mastino
del Tibet.” Egli scrive inoltre che: “La testa è grande e la sua parte posteriore è più pronunciata, il muso
è più ampio, le labbra sono più lunghe e quindi più soggette a profondi cedimenti. La pelle delle guance
è più elastica, le orecchie sono più lunghe e più arrotondate e gli occhi sono un po’ più piccoli. Aristotele
ha considerato il mastino tibetano come un bastardo, derivato dall’incrocio tra un cane addomesticato e
una tigre”
Max Siber , autore del libro “Il cane del Tibet” (1897), riporta le considerazioni effettuate da numerosi
autori, esploratori e storici. Da questa ricerca risulta che:
“Il colore del Mastino tibetano va dal nero al marrone dorato, chiaro o rosso, ma la stragrande
maggioranza di loro sono di colore nero con macchie color ruggine” (Conte Bela Szechenyi nel 1879)”;
“Quattro metri di lunghezza dalla punta del naso alla comparsa della coda, e aveva un’altezza al garrese
di 86 cm. (Gill 1880);
“Le labbra pendono in modo vistoso…la maschera ha rughe profonde…occhi neri,infossati e iniettati di
sangue…di solito sono marrone scuro o grigio lupo, in questo caso di solito hanno maschere scure
sfocate di nero…esso è il gigante, anzi il Golia tra le razze canine, accanto alla quale anche i mastini
inglesi,San Bernardo e Terranova sembrerebbero piccoli “(J.Petersen, 1895)”;
“vi è una notevole variabilità per quanto riguarda il colore del mantello…nero…nero e rosso ruggine…
ruggine-marrone, marrone chiaro con segni rossi dorati…altri sono marrone con macchie gialle””…
Inoltre, alcuni sono color fulvo o rosso scuro…Altri hanno la schiena di colore scuro…la testa del
mastino tibetano è sproporzionata come pure le labbra. Gli occhi sono infossati e iniettati di sangue
nelle congiuntive…tutti i mastini del Tibet hanno gli speroni nelle zampe posteriori.” (MaxSiber);
Nel 1900, il reverendo H.W.Bush ha espresso le sue osservazioni e conclusioni sul Khyi/Tsang scrivendo
che : “Ci sono un sacco di esemplari tutti diversi, ma l’enorme grosso cane con la testa massiccia, il
cranio arrotondato, le guance pendenti, gli occhi piccoli e scuri che mostrano le congiuntive arrossate, il
muso con un sacco di rughe, dal mantello quasi sempre nero/focato, si trova di regola nei monasteri più
grandi o al di fuori dei locali dei tibetani più ricchi. Questo tipo di cane non aveva nulla in comune con
quello ben più piccolo e raffinato presente nei campi nomadi dei pastori del Tibet. Le sue dimensioni da
mastino lo equiparano invece ad un cane pregiato e per tanto allevato esclusivamente nei monasteri o
negli ambienti altolocati”.
Tutto questo è stato raccontato anche da Richard Strebel nel 1905 riportando che: “i tibetani
riconoscono due varietà, quella dal mantello ruvido e quella dal mantello liscio; essi apprezzano
maggiormente quella ruvida”……”I due ceppi, perché non sono razze distinte, rassomigliano in ogni
aspetto, tranne nel mantello…la corporatura appare diversa…più leggera o più pesante con il cranio
molto grosso e il muso rugoso…..quello più leggero è molto veloce ed è in grado di tenere il passo di un
cavallo in corsa ed è per questo che è stato utilizzato per la caccia al leone e all’orso. “…”il fatto è che il
tipo più leggero è quello originale, quello che si è creato in natura mentre quello più pesante e più
grosso è il risultato ricercato da una politica razionale di allevamento”.
Nel 1986, Donald Messerschmidt, un appassionato del mastino tibetano e fondatore di un club a
riguardo, ha raccontato la sua esperienza di vita con una famiglia tibetana mentre era di passaggio in
Nepal. Inoltre ha descritto le differenze tra il cane da pastore e guardiano delle greggi Do khy ed il
mastino Tsang Khyi guardiano del Tempio.
“Khyi (cioè cane) o mastino tibetano è il cane posto a protezione del bestiame; esso è quindi un cane da
pastore al servizio dei pastori nomadi del Tibet e delle regioni Himalayane.
Questo cane è un buon combattente ed è in grado di scacciare lupi ed altri predatori. La notte perlustra il
perimetro del campo e abbaia rumorosamente. Ha un ottimo fiuto e valide capacità di inseguimento. Ben
si adatta al freddo ed al vento. Il suo mantello non è eccessivamente lungo, la sua testa è grande e anche
l’intero corpo lo è. La coda fa un riccio all’insù. Per quanto riguarda il colore del mantello, i miei amici
dicono che i migliori sono quelli neri e bruni con due macchiette sugli occhi oppure quelli tutti neri con
una stella bianca sul petto.”
Messerschmidt continua a descrivere i due ceppi di mastino:
” i (T) SANG-KHyi(cioè “miglior cane”), sono a volte indicati come Do-KHyi(cioè “cane legato”).
Rispetto al normale KHyi(quello finora definito come mastino tibetano), il(T) SANG-kHyi è un cane
raro.Il (T) SANG-KHyi è principalmente un cane da guardia, di solito legato al cancello di monasteri e
cresciuto in allevamenti specifici. Secondo un detto tibetano, esso è dotato di “grande testa,grandi
orecchie, grandi guance e grande latrato” ma i miei amici si sono affrettati a precisare che non è un
buon cane da guardia e dè poco strutturato nelle zampe posteriori. L'(T) SANG-KHyi è noto per la sua
ferocia espressa soprattutto nelle ore notturne.”
Siber, Petersen, Martin, Bush, Strebel, Ekvall, e il contemporaneo Messerschmidt concordano nel
dire che il Tsang Khyi ha una struttura corporea più grossa, la testa enorme, le orecchie grandi, le guance
rugose, la bocca grande. Esso è in grado di fare la guardia in modo eccellente ma non è un buon
inseguitore. La sua coda non è molto folta e viene portata all’indietro come se fosse appoggiata sul dorso.
Essendo considerato alla stregua di un mastino, è diventato un cane speciale, costoso e per questo allevato
seguendo specifici programmi. L’altro cane, quello più piccolo, è stato definito “esemplare inferiore,
bastardo” anche se invece è quello che più si avvicina all’originale di mastino tibetano”.
Cosa succede oggi? Le polemiche sono molte e contrastanti tra chi vuole standardizzare la razza
imponendo delle linee da applicare in tutto il mondo e quelli che, invece, vorrebbero mantenere e tutelare
la diversità delle razze, preservando i diversi ceppi.
Gli appassionati del Tsang-Khyi sono in netta opposizione e si sentono quasi offesi dal dover condividere
la genealogia dei loro gioielli con il semplice Do-KHyi considerato semplice e povero cane da pastore.
Se è vero che la razza è unica, è anche vero però che, in particolari situazioni, è necessario distinguere le
tipologie perché di fatto non sono omogenee e quindi non confrontabili. Il dibattito si rivolge quindi alla
problematica che sorge quando un giudice si ritrova a dover giudicare un tipo di cane piuttosto che un
altro. Di certo non può utilizzare gli stessi standard per tutti e due perché essi sono sostanzialmente
diversi. Quindi come decidere ,all’interno del ring, chi è il vincitore? Al momento vincono ancora le
tendenze e i gusti personali dei singoli giudici e ciò non fa onore al senso di giustizia. È come se si
dovesse decidere fra un San Bernardo ed un Alaskan Malamut… non esiste uno standard che li contempli
entrambi! Allo stesso modo sarebbe impossibile scegliere il migliore fra un cane Corso ed un mastino
napoletano! E così è per “IL” o “I” mastini tibetani!
A conclusione di tutto questo discorrere, si può affermare che il popolo tibetano ha sicuramente
riconosciuto ed allevato DUE razze ORIGINALI che vanno entrambe preservate, riconosciute e protette.
Qualunque sia la sua razza, il suo albero genealogico di origine, la sua provenienza o il suo aspetto
esteriore, chi ama questi cani DEVE preoccuparsi di preservare e tutelare la sua salute e il suo
temperamento garantendogli protezione e rispetto. Se proprio si dovesse arrivare a configurare degli
standard globali, li si dovrà elaborare tenendo conto della cultura, del pensiero e della storia del Tibet e
del suo popolo che, unico, può trasmetterci gli stimoli e le informazioni giuste per agire nel modo più
corretto e rispettoso della natura.
Non ci si dovrebbe mai stancare di ricordare che un vero mastino preferirebbe essere a casa di guardia al
suo campo piuttosto che essere esaminato da un estraneo all’interno di un salone. È importante ricercare
l’equilibrio nelle dimensioni, nella struttura, nella solidità, ricordando che un buon cane lo è
indipendentemente dal colore del suo mantello. È importante invece l’andatura e il portamento che
devono essere eleganti, determinati , regali.
Sì, perché l’uomo dovrebbe limitarsi ad ammirare questa bellezza della Natura…!
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